Silvia Ruotolo nasce a Napoli il 18 gennaio del 1958.
È una ragazza generosa che ama la vita e ha tante passioni, come quella per il tennis, la musica, lavora la ceramica. Una donna piena di interessi. Silvia ci sa fare con i bambini, con loro è dolcissima, premurosa, attenta e già da piccola decide di voler diventare una maestra. E così, presto riesce a realizzare il suo sogno. Nel frattempo conosce Lorenzo, che diventerà suo marito. La giovane coppia, innamorata e felice avrà due figli: Alessandra e Francesco. Silvia è al settimo cielo, stravede per i suoi bambini, li coccola sempre e cerca di trascorrere quanto più tempo possibile con loro e anche con il suo nipotino Lele, figlio di sua sorella. Ha un sorriso grande e ai suoi bambini trasmette la sua dolcezza e insegna il rispetto e la cura per l’altro.
Silvia aveva deciso di lasciare per un periodo il suo lavoro, sentiva il bisogno di essere più presenti come i figli, prendere parte alla loro vita. Si dava un gran da fare anche con gli altri genitori, organizzava raccolte fondi. E le piaceva ballare, trasmettere gioia e allegria per la vita ai suoi figli. Spesso, terminati i compiti, accendevano la radio e ballavano, ballavano. Oppure disegnavano. Avevano scelto una parete nella loro casa, in cui Alessandra e Francesco potevano esprimere la loro fantasia con i colori. Era questa la vita che Silvia sognava e che stava vivendo.
L'11 giugno del 1997
Silvia è appena andata a prendere il piccolo Francesco all’asilo. L’aria è calda, l’estate è alle porte. Oggi è stato l’ultimo giorno di asilo di Francesco e Silvia già inizia a immaginare di portare i suoi bambini un po' al mare nei giorni a seguire. Non vede l’ora di vederli sguazzare in acqua o fare castelli di sabbia felici e spensierati.
Tiene per mano il suo piccolo, mentre si incamminano verso casa. Francesco, 5 anni, ha sulle spalle il suo zainetto giallo e blu e cammina felice e fiero con la sua mamma. Ha appena finito la recita di fine anno e ne è ancora emozionato. Stanno percorrendo salita Arenella ed è quasi l’ora di pranzo, sono praticamente arrivati sotto casa. Sul balcone c’è Alessandra, che di anni ne ha 10, che li aspetta e li guarda arrivare, salutandoli con un enorme sorriso. Ha appena apparecchiato la tavola e li sta aspettando per pranzare tutti assieme. In quel momento di quotidiana serenità nessuno si immagina di trovarsi nel bel mezzo di una sparatoria di camorra. Ma, purtroppo è quello che avverrà.
A pochi metri da Silvia e Francesco c’è, infatti, un commando che inizia ad aprire il fuoco e a sparare all'impazzata. I killers hanno come obiettivo Salvatore Raimondi, affiliato al clan Cimmino, avversario del clan Alfano. Nel giro di soli tre minuti verranno sparati trenta colpi che raggiungeranno e uccideranno Salvatore Raimondi e feriranno Luigi Filippini, ma che irromperanno anche nella vita di Silvia e della sua famiglia.
Silvia fa in tempo a capire cosa sta succedendo e a mettersi con il suo corpo davanti al piccolo Francesco, proteggendolo e mettendolo al riparo. Ha spinto più avanti suo figlio, quando uno di quei colpi sparati senza pietà la raggiunge, colpendola alla tempia. Silvia cade a terra, tenendo sempre stretta forte la mano del suo bambino. Per lei non ci sarà nulla da fare, morirà sul colpo, sotto gli occhi atterriti di Francesco e di Alessandra, la cui gioia per il rientro a casa della mamma e del fratellino si trasforma in grida di dolore e disperazione. "Aiuto, è svenuta, aiutatela!" urlerà spaventata per la sua mamma. Francesco invece resta immobile, stretto in quella mano che toccherà a un poliziotto intervenuto sul posto separare.
Vicenda giudiziaria
L'omicidio di Silvia, una mamma di appena 39 anni, ha un grande risalto mediatico e desta scalpore.
Gli inquirenti iniziano subito le indagini e il 24 luglio verrà arrestato, mentre è in vacanza al mare in Calabria, Rosario Privato, uno dei killer di Silvia. Rosario, dopo aver ascoltato le parole di Lorenzo, marito di Silvia, si pente e la sua collaborazione con la polizia risulterà poi decisiva per l'individuazione del gruppo di fuoco. Si tratta del boss Giovanni Alfano, Vincenzo Cacace, Mario Cerbone e Raffaele Rescigno, che era l'autista del commando.
L'11 febbraio 2001 la quarta sezione della Corte d'Assise di Napoli li condannerà all’ergastolo.
Rosario Privato è stato invece condannato a quarantadue anni di reclusione, di cui ventisei per l’omicidio di Silvia.
Memoria viva
La famiglia di Silvia si è sin da subito impegnata a tenerne viva la memoria per contribuire ad accrescere la consapevolezza della presenza delle mafie sul territorio e per favorire la crescita di una cultura antimafia. Con il risarcimento ottenuto grazie alla costituzione di parte civile nel processo a carico dei killer di Silvia, hanno dato vita a una Fondazione che porta il suo nome e che mira a educare, soprattutto i più piccoli, alla possibilità della scelta, a renderli consapevoli di altri valori, il valore della vita opposto ai modelli che la camorra impone.
Essere vittima porta sempre con sé una inspiegabile ma viva dimensione di vergogna. Da ragazzina mi sono vergognata di non avere la mamma, di quello che era accaduto, dei giornali che parlavano di noi. Scrivevano che si era trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato, e questo faceva male, perché sembrava che fosse colpa sua. Poi il percorso di condivisione e riconoscibilità pubblica che la mia famiglia aveva intrapreso fin da subito, mi ha fatto sentire la vicinanza delle persone e delle istituzioni. E ha trasformato la mia vergogna in vittoria. Saper affrontare la fatica della mia storia è la mia vittoria. Sull’onda dell’esempio di tante altre vittime che ho potuto conoscere attraverso Libera di don Luigi Ciotti, ho capito che avevo dei doveri come figlia e come cittadina e ho iniziato un lavoro bellissimo di incontri nelle carceri coi ragazzi che sbagliano. A loro racconto la mia storia perché vedano attraverso i miei occhi quanto sia uno schifo la criminalità organizzata e quanto grande sia il suo inganno, che li porterà a morire ammazzati o a vivere in carcere. Spesso anche i loro genitori sono morti, come mia mamma, e ho scoperto che il loro dolore e il mio si somigliano.
Nel settembre 2012, il consiglio comunale di Napoli ha approvato, votando all'unanimità, la proposta di intitolare la strada Salita Arenella alla memoria di Silvia. A gennaio del 2021, invece, alla sua memoria è stata intitolata la Scuola Primaria di Basilicanova.
A Vittoria (RG) è stato intitolato alla sua memoria lo spazio polivalente dell'Istituto comprensivo Portella della Ginestra. A Castelvolutrno (CE) le è stata intitolata la redazione del periodico "Informare". Tante sono state in questi anni le iniziative e i luoghi dedicati alla memoria di Silvia.
A Silvia sono dedicati diversi Presidi di Libera a Padova, a Sesto Fiorentino, in Bassa Valsusa e a Guspini.
Nel giorno del ventiquattresimo anniversario della sua uccisione le è stato dedicato un campo da basket, situato nei giardini di piazza Medaglie D’oro.
Il campo ha i colori preferiti da mia mamma: il giallo e il blu ed è un grande atto d'amore, un modo per esprimere un'idea di città dove alle ingiustizie si reagisce sempre con la voglia di giustizia e non di vendetta, con amore e non con odio.