27 marzo 2004
Torre Annunziata (NA)

Matilde Sorrentino

(La morte di Matilde è stata) la feroce ritorsione ai danni di una donna che, con il proprio coraggio, aveva consentito di disvelare una turpe sequenza di violenze ai danni di bambini indifesi e assicurare alla giustizia i responsabili.

Quella terribile storia di abusi e violenze sessuali su bambini di 6 e 7 anni aveva sconvolto Torre Annunziata. Una storia turpe, fatta di indicibili silenzi e oscure complicità, consumata nei sottoscala di una scuola elementare ai danni di vittime indifese, cui era stata rubata l’infanzia. Quando era venuta fuori, nel 1997, era stato un terremoto. A maggior ragione perché, a farla venire fuori, erano state le denunce coraggiose di tre mamme. Una di loro si chiamava Matilde Sorrentino. Suo figlio minore, Salvatore - che all’epoca dei fatti aveva appena 7 anni - era stato uno dei bambini abusati dalla banda di pedofili. Lei aveva voluto giustizia per quella violenza. E l’aveva ottenuta. Sette anni più tardi, avrebbe pagato con la vita il suo coraggio.

Matilde era una donna semplice, come semplice e modesta era la sua famiglia. Viveva con suo marito Antonio Gallo e i suoi due figli – Giuseppe e Salvatore, il primo più grande di 9 anni - in un appartamento di via Melito a Torre Annunziata, nel cuore del Rione Poverelli, tristemente noto per il suo degrado, incrocio di interessi e traffici della camorra locale.

Antonio era un operaio in pensione. Lui e sua moglie erano persone oneste, totalmente estranee a qualsiasi ambiente poco raccomandabile. La tranquillità di questa famiglia era stata turbata, nel 1997, da quella storia di pedofilia, emersa poco alla volta dai racconti dei bambini.

Quando cominciarono ad affiorare i dettagli di quella vicenda, Matilde non ebbe dubbi: chi si era reso responsabile di tanta bestialità doveva essere punito. Non ebbe la minima esitazione Matilde, e insieme ad altre due mamme, Pina e Bianca, denunciò tutto ai Carabinieri. Furono le loro deposizioni a far scattare il blitz che portò all’arresto di 21 persone, tutte accusate di abusi sessuali su minori. Pedofilia. Il processo che ne seguì - e nel quale tutte e tre le mamme testimoniarono senza alcun ripensamento - portò alla condanna di 17 dei 19 imputati.

Era il mese di giugno del 1999. Due dei condannati furono trucidati dalla camorra poco dopo. Al netto delle ferite lasciate nel corpo e nella mente dei poveri bambini vittime dei pedofili, la vicenda sembrava chiusa. Invece al dolore si aggiunse ancora altro dolore...

Il 26 marzo del 2004

Nel 2004 Salvatore aveva ormai 14 anni. Suo fratello più grande 23. Matilde di anni ne aveva 49. La sera del 26 marzo di quell’anno, a sette anni dalle denunce che avevano scoperchiato quella tristissima storia, Matilde era in casa con suo marito. Erano da poco passate le 20.00. Al suono del campanello Matilde si allontanò per andare ad aprire la porta. Suo marito Antonio non sentì nulla, se non il rumore cupo dei colpi di pistola. Forse quattro in tutto. Uno colpì Matilde alla testa, gli altri andarono diritti al torace. Salvatore corse immediatamente per soccorrere sua madre, giusto in tempo per vedere il killer scappare. Per Matilde però non c’era più nulla fare. Morì così, sull’uscio di casa.

Vicenda giudiziaria

La condotta irreprensibile della famiglia, la totale mancanza di ombre nella vita di Matilde e di suo marito, convinsero subito gli inquirenti che il movente di quell’omicidio doveva stare altrove. Il pensiero non poté che correre a quella storia di violenza, al coraggio di Matilde, alle sue denunce e alle condanne che avevano determinato. Fu allora disposta la protezione per la famiglia della donna e per le altre due madri coraggio.

Pochi giorni dopo, riconosciuto da Salvatore e braccato dalle Forze dell’Ordine, il killer si presentò ai Carabinieri, confessando il delitto. Aveva 26 anni appena e già una lunga carriera criminale alle spalle.

Alfredo Gallo finì condannato all’ergastolo con una sentenza definitiva il 24 maggio del 2005. Ma giustizia non era ancora fatta, perché bisognava accertare chi avesse armato la mano di Gallo e per quale ragione.

Ci vorranno altri 17 anni per ricostruire tutti i dettagli di questa storia e accertare tutte le responsabilità. Il 19 ottobre del 2018 viene arrestato Francesco Tamarisco, elemento di spicco del clan dei Nardielli di Torre Annunziata. Gli inquirenti sono convinti si tratti del mandante dell’omicidio di Matilde. L’uomo finisce sotto processo. 43 udienze e 11 di collaboratori di giustizia portano, nel dicembre del 2021, alla condanna all’ergastolo.

(La morte di Matilde è stata) la feroce ritorsione ai danni di una donna che, con il proprio coraggio, aveva consentito di disvelare una turpe sequenza di violenze ai danni di bambini indifesi e assicurare alla giustizia i responsabili.
Nunzio Fragliasso - Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torre Annunziata

Memoria viva

Pochi mesi dopo l’omicidio di Matilde, se ne andò anche suo marito, stroncato da un infarto a 57 anni. Salvatore, ancora minorenne, fu affidato a suo fratello maggiore. Una vita difficile, di dolore e sacrificio, con addosso le ferite di due orribili tragedie: la violenza dei pedofili su di lui, quella della camorra su sua madre. I due fratelli hanno continuato a lottare però, per tenere viva la memoria della loro madre e per chiedere verità e giustizia.

La storia di Matilde Sorrentino è raccontata nel libro “Fiore… come me”, di Giuliana Covella, edito da Spazio Creativo e promosso dalla Fondazione Pol.I.S. della Regione Campania. A lei sono intitolati, a Torre Annunziata, il Centro sociale del Rione Penniniello, il Centro polivante per anziani e la Casa alloggio per minori gestita dai Salesiani.

Il suo coraggio, il suo amore materno e la sua sete di giustizia sono tutt’oggi testimonianza ed esempio.