C’è una parola che ricorre in questa storia. È una parola che rimanda a un luogo, che però è molto di più che un semplice spazio fisico. È un luogo di vita, anzi una palestra di vita. Il luogo per eccellenza dove la vita si forma, si sviluppa, cresce, matura. Questo luogo è la scuola. Ed è qui, attorno e dentro questo luogo, che si dipana la storia di Giuseppe Rechichi. Se c’è un polo attorno a cui la sua vita ruota, questo polo è esattamente la scuola. Un luogo che lui, professore di matematica e fisica elegante e sorridente, dagli occhi penetranti e lo sguardo rassicurante, ha sempre vissuto come una missione. Perché in fondo educare non può che essere questo, una missione. E lui, Giuseppe, lo sapeva bene.
Giuseppe Rechichi era nato a Delianuova, una paese sulle pendici dell’Aspromonte a una settantina di chilometri da Reggio Calabria. Era il 5 agosto del 1939. All’epoca, in quel paese circondato da uliveti e sormontato da boschi di castagni e lecci, vivevano circa 6000 persone. Oggi quel numero si è dimezzato, per l’effetto di uno spopolamento che svuota le comunità delle aree interne, portando via in particolare i giovani. In un certo senso, accadde anche per Giuseppe. Lui voleva studiare, conoscere, approfondire. Era mosso da una passione intensa per le materie scientifiche, che lo portò a frequentare dapprima il Liceo scientifico “Leonardo Da Vinci” di Reggio Calabria e poi, una volta conseguito il diploma, a iscriversi alla Facoltà di chimica dell’Università degli Studi di Messina, dall’altro lato dello stretto. Ne uscì con la laurea in tasca il 2 marzo del 1966.
Il 1966 è un anno importante per Giuseppe, e non solo per la laurea. Aveva da poco compiuto 27 anni quando, il 31 ottobre, iniziò la sua carriera nel mondo della scuola. Un mondo che, da allora, non avrebbe mai più abbandonato e per il quale avrebbe speso tutte le sue energie. Il primo incarico fu all’Istituto tecnico di Siderno, sulla costa ionica della Calabria. Poi a Palmi, dall’altro lato della punta dello stivale, e ancora a Cittanova e Taurianova. Da un istituto a un altro, inseguendo il suo profondo amore per l’insegnamento e per l’educazione dei giovani.
Intanto, il 15 dicembre di quello stesso 1966, a meno di due mesi dal suo primo ingresso in un’aula da docente, Giuseppe aveva messo su famiglia, sposandosi con Pasqualina Aurora Costanzo. Un matrimonio che avrebbe portato alla nascita di tre splendidi figli: Maricarmela, Annarita e Antonino. Con loro, Giuseppe si stabilì in una casa di Oppido Mamertina, nel cuore della Piana di Gioia Tauro. Si definivano così i confini di una vita dinamica e attiva, ma serena e tranquilla: la famiglia e la scuola.
Dopo i primi anni di insegnamento in giro per la Piana, il primo giorno dell’ottobre 1974 portò a Giuseppe la sua destinazione definitiva. Proprio in quei giorni, infatti, l’Istituto Magistrale di Polistena – altro centro della Piana a una trentina di chilometri da Oppido – era riuscito ad ottenere l’autonomia, sganciandosi dalle funzioni di sezione distaccata del “D’Annunzio” di Reggio Calabria. Giuseppe ottenne così l’incarico di titolare della cattedra di matematica e fisica.
Il suo impegno nell’ambiente scolastico fu immediatamente intensissimo e lui vi si dedicò senza risparmiarsi. Aveva un carattere cordiale e aperto, capace di leggere le preoccupazioni dei giovani e quelle dei colleghi, sempre pronto e disponibile ad ascoltare, a comprendere, ad aiutare. Fosse anche solo con quel sorriso inconfondibile e rassicurante. Per lui, la scuola non poteva essere solo un luogo in cui trasferire saperi. Doveva diventare, invece, una comunità in cammino, fatta di relazioni sane e sincere, all’interno e all’esterno dell’istituto.
Non c’è da stupirsi, dunque, se, con queste premesse, già nell’anno scolastico 1976/1977, fu chiamato a collaborare direttamente con il preside, diventandone vicario. Giuseppe avvertiva forte il peso di questa responsabilità, che ha esercitato con serietà e con grande senso dell’equilibrio, diventando un punto di riferimento insostituibile per l’intera comunità scolastica e non solo. Sì, perché Giuseppe sapeva bene che la scuola non è un mondo a parte ma è parte del mondo, parte del contesto in cui i giovani vivono il loro tempo, anche oltre il tempo della scuola.
È da questa convinzione che nasce la sua attenzione per ciò che accadeva fuori dai cancelli del Magistrale, in una realtà difficile, povera di opportunità, stritolata dalla presenza mafiosa. Temi ai quali guardava con grande attenzione e che trascinava nel suo impegno educativo e nei percorsi didattici. Ecco, questo fu il lavoro di Giuseppe, il suo amore per la scuola. Un amore vissuto con straordinaria intensità, sino all’ultimo respiro. Sino a quella mattina del 4 marzo 1987.
4 marzo 1987
Era il mercoledì delle ceneri quel 4 marzo. Giuseppe, come ogni mattina, era arrivato a scuola con largo anticipo. Toccava a lui organizzare e avviare la giornata scolastica, verificare le presenze, predisporre le eventuali sostituzioni per le classi scoperte.
C’è un particolare che colpisce in quello che accadde in quei minuti fatali: il telefono. Alla scuola, da poco trasferitasi nella nuova sede di via Lombardi, non era stata ancora agganciata la linea telefonica. Per telefonare a un collega e chiedergli di anticipare il suo arrivo a scuola, Giuseppe dovette quindi uscire e raggiungere un locale a pochi metri dalla scuola, nei pressi dell’Ufficio Postale. Fu in questo frangente che accadde la tragedia. Chiusa la telefonata, Giuseppe stava rientrando a scuola. Erano le 8.10. Improvvisamente, il via vai degli studenti fu squassato dal fragore di alcuni colpi di arma da fuoco. Qualcuno vide un giovane col volto coperto da un casco sfrecciare a bordo di una moto. Fu un’azione fulminea, il cui obiettivo era il direttore della Banca Popolare di Polistena, Vincenzo Luddeni, anch’egli tranquillamente diretto in ufficio. Luddeni però uscì illeso da quell’agguato, che seguiva diversi altri atti intimidatori di cui era stato fatto oggetto. Più lontano, a circa 150 metri di distanza, a terra cadde il corpo senza vita di Giuseppe Rechichi. Una pallottola lo aveva ucciso sul colpo. Aveva 47 anni.
La notizia di quella morte assurda corse veloce tra le aule e nelle case della città. Ma fu la scuola il luogo che reagì immediatamente. Studenti e docenti scesero in piazza, in una manifestazione spontanea che raccolse circa duemila persone e che si concluse nella Chiesa Matrice della città. Negozi e uffici rimasero chiusi in segno di protesta, per dire no, insieme agli studenti, alla mafia e alla violenza.
Mi stringo quelle giacche al petto e le osservo: quel foro assurdo, così piccolo e grande non lo dimenticherò mai! È il foro di una generazione, fatto ad una Scuola, ad un modo di vivere e di lavorare, alla nostra terra, dolce come gli affetti che ci portiamo dentro ed amara come le umiliazioni, i paradossi e le responsabilità che ci portiamo dietro.
Vicenda giudiziaria
Il processo per la morte di Giuseppe Rechichi si è tenuto presso il Tribunale di Palmi ma si è concluso con una sentenza contro ignoti. Non è mai stata fatta piena luce sulla morte di questo professore innamorato della scuola.
Memoria viva
La memoria di Giuseppe è più viva che mai. Lo è nell’impegno dei suoi familiari, anzitutto. Annarita vive da molti anni a Modena e, insieme ai volontari di Libera, continua a donare la sua testimonianza a migliaia di studenti.
Confesso che tutte le volte che sono lì, a parlare e a raccontare la storia mio padre, la voce trema. Ma io lo vedo mio padre, in mezzo a quei ragazzi. La morte di tutte queste persone vittime innocenti deve diventare davvero un piccolo seme da far germogliare per costruire una cività diversa.
Per l’esempio di una vita totalmente impegnata sul piano sociale e professionale e per le circostanze della sua morte in un episodio mafioso a cui era completamente estraneo, il nome di Giuseppe Rechichi è stato indicato all’unanimità dal Consiglio comunale di Polistena e dagli organi collegiali della scuola come la figura più adatta a dare il nome all’Istituto Magistrale Statale di Polistena. Così, l’8 aprile del 1992, il Provveditore agli Studi di Reggio Calabria, ha emesso un decreto d’intitolazione dell’Istituto Magistrale di Polistena “all’Onorando Professor Giuseppe Rechichi”.
Pino Rechichi per l’Istituto Magistrale di Polistena è stato più di un insegnante, più di un vicepreside, è stato il pilastro, una colonna portante, punto di riferimento, è stato l’anima della comunità e della vita scolastica, trascinatore e animatore. Molto ci ha dato e molto ci lascia, un patrimonio di affetti e di insegnamenti di cui sentiamo la responsabilità e che sicuramente cercheremo di onorare. Rimarrà con noi nel ricordo, rimarrà nell’intitolazione della scuola, rimarrà in altre attività culturali che lo possano ricordare in maniera permanente.Istituto Magistrale “Giuseppe Rechichi”, prendi coscienza del dono che hai ricevuto, custodisci gelosamente i ricordi e gli affetti, proclama e diffondi i valori che ti vengono consegnati: la cultura, il lavoro, l’onestà, l’autenticità del vivere, l’amicizia, la solidarietà e l’impegno civile, che erano componenti irrinunciabili di Pino Rechichi”.
Il 14 aprile del 1993, il Preside, i docenti, i familiari e gli amici di Giuseppe hanno fondato un’Associazione culturale antimafia che ne porta il nome e che ha sede proprio nella scuola. Un altro modo per dare concretezza nell’oggi a quegli ideali di civiltà, giustizia, onestà che hanno accompagnato la vita di Giuseppe.
Ma sono ancora molti e importanti i segni di una memoria viva che diventa ogni giorno impegno e responsabilità. In occasione del diciannovesimo anniversario della morte del professor Rechichi, è stata apposta una targa sul luogo dove è caduto.
Nel 2010 è nata l’Orchestra Giovanile di Fiati mamertina “Giuseppe Rechichi” che riporta nello statuto:
G. Rechichi, fu docente di razionalità che seppe far crescere le menti parlando anche ai cuori. Insegnò a vivere nel rispetto delle regole, nella ricerca della conoscenza e nella gioia di esprimere il proprio talento. Uomo che educò ad essere uomini, con un progetto di vita che rifiuta la violenza e si apre alla fantasia, allo stare insieme, all’onestà e all’altruismo.
Il 12 marzo 2011, con una manifestazione organizzata da Libera Umbria che ha coinvolto circa 600 studenti giunti da tutta la regione, è stato intitolato a Giuseppe Rechichi il Presidio scolastico di Libera a Perugia.
Ogni 4 marzo con le scolaresche del comprensorio della Piana di Gioia Tauro, la famiglia, gli amici, gli ex colleghi e alunni della sua scuola, ci si ritrova insieme nel ricordo, “che vuole essere memoria e impegno”, di “un UOMO che ha impostato la sua vita tra il culto della famiglia e l’alto magistero nella scuola, praticato con umiltà e impegno operoso. La sua immagine, ancor più bella nell’aureola del sacrificio, è ispiratrice di un messaggio di vita, perché suggerisce sentimenti di pace di perdono e di amore”.