Donato Diego Maria Boscia nasce a Corato, cittadina del barese, il 6 novembre 1957. Vive però a Gioia del Colle, città di origine dei suoi genitori sita sull’altopiano delle Murge, ed è qui che inizia il suo brillante percorso di studi che si concluderà a 23 anni con il conseguimento, a pieni voti, della laurea in ingegneria civile presso il Politecnico di Torino.
Donato è un ragazzo allegro e socievole, ama lo sport al punto che eccelle non soltanto nel calcio ma anche in altre discipline, come il tennis e l’atletica leggera.
È innamorato della vita e della natura; durante il suo tempo libero partecipa a escursioni e attività culturali e di promozione turistica, infatti entra a far parte del Gruppo Speleologico Gioiese ed è poi tra i fondatori della sezione gioiese del CAI (Club Alpino Italiano).
Considerata la sua brillante carriera accademica, ben presto inizia a ricevere varie proposte di lavoro, e, già nel 1984, dopo aver assolto agli obblighi della leva militare, sceglie di lavorare per la Ferrocementi, grossa società edilizia di Roma che si occupa di opere pubbliche.
Tra i tanti lavori affidatigli in tutta Italia, lavora a Castagnara, in provincia di Venezia, per la costruzione della diga più grande d’Europa.
L’incarico a Palermo
Donato è un ingegnere competente, attento e dal cuore grande, così, presto, gli viene affidato un grande incarico, quello di progettista e direttore dei lavori per la realizzazione di un invaso, a uso dell’acquedotto di Palermo, che avrebbe rifornito di acqua l’intera città di Palermo, ponendo così fine all’annosa penuria nel capoluogo siciliano ed erogare acqua sufficiente ai palermitani.
Donato accetta con entusiasmo e si trasferisce così in Sicilia. Per realizzare questo invaso deve sfondare il Monte Grifone e scommette con i suoi operai che riuscirà a ottenere questo risultato entro il 14 aprile del 1988. Nell’assolvimento di tale delicato incarico, però si scontra sin da subito con gli interessi della malavita organizzata locale. Donato, che si è sempre contraddistinto per la sua onestà, decide senza esitazioni di non piegarsi alle loro pressioni nell’assegnazione di subappalti e la risposta della mafia non si farà attendere.
Comincia, infatti, un periodo di violente ritorsioni. Si susseguono attentati ai mezzi meccanici, danni vari al cantiere, pesanti avvertimenti personali, ma Donato continua a portare avanti il suo lavoro con professionalità, dedizione e profonda onestà, senza avere mai ripensamenti, senza tornare sulla sua decisione. I parenti e gli amici erano tenuti all’oscuro di tutte queste vicende per non destare in loro nessuna preoccupazione.
I lavori proseguono regolarmente, ogni giorno Donato smonta dal servizio alle 17 e si intrattiene sempre un pò di più sul cantiere con gli operai; gli orari della sua giornata sono sempre gli stessi e i suoi killer lo sanno bene.
Scherzando diceva che sarebbe tornato da Palermo in una bara, ma noi non potevamo sospettare anche se dei segnali li avevamo avuto. Attentati ai mezzi meccanici, danni. Poi un giorno, Balduccio Di Maggio che si presenta da lui fingendo di essere un operaio in cerca di lavoro. Ma queste sono cose che abbiamo saputo solo dopo.
L’ingegnere che non si piega
La mafia non riesce a mettere le mani su quell’imponente opera e il giovane ingegnere che non si piega non deve vivere di più.
La sera del 2 marzo 1988 Donato sta tornando a casa, quando nei pressi di Ciaculli la sua auto viene bloccata a un incrocio da un commando mafioso che lo fredda con ben cinque colpi di pistola, senza lasciargli scampo.
Si interrompe così la sua giovane vita, a soli 31 anni, e con essa i suoi sogni, le sue speranze, la sua brillante carriera in ascesa.
A seguito dell’attentato, gli operai, i suoi operai, che lavoravano alla realizzazione dell’opera decidono di mantenere la promessa di Donato di eseguire la consegna entro il 14 aprile, e ci riusciranno, pur non ricevendo stipendio e lavorando anche di notte.
Vicenda giudiziaria
Il processo conclusosi a Palermo nel 1997 con 22 condanne di cui 14 all’ergastolo, ha dimostrato che fu la mafia a decretare il brutale assassinio. Che il mandante dell’omicidio del giovane ingegnere di Gioia del Colle era Salvatore Riina. Che Balduccio Di Maggio era implicato nei fatti. Che Donato Maria Boscia morì perché stava costruendo una sezione dell’acquedotto siciliano sul quale la mafia non era riuscita a mettere le mani.
Memoria viva
Il 2 giugno 2001 Donato è insignito della Medaglia d’Oro alla memoria al Merito Civile e l’invaso, quell’invaso, che oggi fornisce acqua a Palermo porta il suo nome, in memoria del suo coraggio e della sua rettitudine morale.
Il Presidio di Libera di Gioia del Colle, della sua città, è intitolato alla sua memoria.
Inoltre sono a lui dedicate un’associazione calcistica e la sede del Gruppo Speleologico di Gioia del Colle.
Professionista impegnato nella costruzione di serbatoi idrici di fondamentale importanza per la comunità, non si piegava alle pressioni delle locali cosche delinquenziali nell’assegnazione di subappalti, subendo la loro violenta ritorsione. Raggiunto da cinque colpi di arma da fuoco, cadeva vittima innocente della mafia, sacrificando la giovane vita ai più nobili ideali di rettitudine morale e non comune coraggio.