Sembrava una serata d’estate come tante altre, quella del 20 agosto 1977 a Ficuzza, piccola borgata a due passi da Corleone, ma non sarà così. Filippo, che fa l’insegnante e si gode gli ultimi giorni di vacanza prima del rientro a scuola, è uscito per fare due passi e respirare un po' di aria fresca dopo quella giornata afosa di agosto. Poco dopo si unisce a lui il suo amico Giuseppe Russo, Colonnello dei Carabinieri, che sta trascorrendo dei giorni di vacanza in paese assieme alla moglie e alla figlioletta Benedetta. I due hanno stretto una bella amicizia e spesso si incontrano la sera per passeggiare, raccontarsi e scambiare due chiacchiere.
Sono quasi le 21.30, Giuseppe raggiunge Filippo e i due cominciano a camminare lungo il porticato borbonico, diretti verso il bar del centro. In quel bar entra soltanto Giuseppe per fare una telefonata, mentre Filippo lo aspetta fuori, godendosi quel lieve venticello che gli dà un po' di refrigerio. Qualche minuto dopo i due amici riprendono la loro passeggiata ignari di quello che di lì a poco sarebbe successo. Filippo e Giuseppe sono intenti a raccontarsi della loro giornata di vacanza e non si accorgono che a pochi metri da loro una macchina 128 verde procede lentamente per il viale principale, per controllare i movimenti dei due amici. L’auto continuerà la sua marcia fino alla parte alta della piazza, dove effettuerà una inversione a U per fermarsi davanti all’abitazione del Colonnello. Filippo e Giuseppe continuano la loro passeggiata, sono sereni e felici di quel tempo da poter trascorrere assieme, stanno per salutarsi, dandosi appuntamento all’indomani quando, all’improvviso, da quell’auto scendono tre o forse quattro persone, a viso scoperto. Camminano verso i due lentamente, per non destare sospetti, ma non appena sono vicini aprono il fuoco con delle pistole calibro 38. Sparano tutti contro Giuseppe, tranne uno, armato di fucile, che mira verso Filippo. I killer sparano senza pietà, mirando alla testa dei due amici, per essere sicuri che nessuno dei due sopravviva. Si interrompe così, a soli 57 anni, la vita di Filippo, in una calda sera d’estate siciliana.
Vicenda giudiziaria
Gli inquirenti si convinsero subito che si trattava di un duplice delitto di mafia. Un agguato preparato nei dettagli almeno da 26 giorni. L’autovettura 128, trovata abbandonata a tre chilometri da Ficuzza, era stata rubata, infatti, a Palermo il 25 luglio, appunto 26 giorni prima del duplice omicidio.
L’obiettivo dell’agguato era l’ufficiale dei Carabinieri: Giuseppe, infatti, era un noto investigatore al centro di tante delicatissime indagini di mafia. Aveva, tra le altre, svolto le indagini relative alla strage di Alcamo Marina e si stava occupando delle indagini relative alla morte di Enrico Mattei; ma, soprattutto, il suo intuito investigativo, ben supportato dal preciso e paziente lavoro del giornalista del “Giornale di Sicilia” Mario Francese, aveva fiutato l’importante affare che si celava sotto la costruzione della diga Garcia. Totò Riina e Bernardo Provenzano, astri nascenti della mafia corleonese, sapevano che il colonnello Russo aveva intuito che Cosa Nostra stava estendendo i suoi tentacoli sull’affare della diga e sulle centinaia di miliardi che vi giravano attorno e così decisero di ucciderlo per metterlo a tacere. Filippo venne ucciso per non lasciare testimoni.
Per questo duplice omicidio saranno in un primo momento condannati – erroneamente - come mandante Rosario Cascio e, come esecutori, tre pastori, Salvatore Bonello, Rosario Mulè e Casimiro Russo; quest’ultimo infatti si era autoaccusato del delitto e aveva chiamato in causa gli altri due. Ma grazie al lavoro degli inquirenti, si scoprirà poi che il gruppo di fuoco, di cui facevano parte Pino Greco Scarpuzzedda e Vincenzo Puccio, era capeggiato personalmente da Leoluca Bagarella, su mandato del cognato, Totò Riina, e dell’altro boss corleonese, Bernardo Provenzano.
Solo più di vent’anni dopo dalla barbara uccisione di Filippo e Giuseppe, il 29 ottobre 1997, la II sezione della Corte di Assise di Appello di Palermo ha condannato definitivamente all’ergastolo Bagarella, Riina e Provenzano.
"La loro uccisione segnò una svolta nella storia della mafia, con l'avvio della strategia dello scontro frontale e della violenza dei corleonesi guidati da Riina, Brusca e Provenzano. Furono Russo e Costa le prime vittime di quella stagione che culminò con le stragi del '92 e che ha segnato col sangue la storia della Sicilia".
Memoria viva
Il nome di Filippo è ricordato, insieme alle oltre 1000 vittime innocenti delle mafie che ogni anno in occasione del 21 marzo, la Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, riecheggiano in tanti luoghi. Per noi Filippo ha un vero e proprio diritto al ricordo, un diritto che restituisce “dignità” a ogni nome che ricordiamo, che rappresenta la promessa a Filippo che non dimenticheremo la sua storia, i suoi progetti di vita, portando con noi i suoi sogni e rendendola vitale pungolo del nostro impegno quotidiano.
Non conosciamo molto della vita di Filippo prima del suo omicidio. Vorremmo ricostruirla per permettere a tutti di conoscere che persona fosse, quali erano le sue passioni, i suoi progetti e i suoi sogni. Questo renderebbe il racconto su di lui più completo e la costruzione di una memoria collettiva sulla sua vicenda di vita sarebbe ancora più vitale.
Chiediamo, quindi, l'aiuto di chiunque possa darci il proprio contributo, condividendo con noi informazioni su Filippo Costa.