1 maggio 1992
Acerra (NA)

Pasquale Auriemma

Per un minuto si è trovato in mezzo al fuoco in quella che doveva essere una normale serata a casa di uno dei suoi più cari amici. E dopo aver assistito impotente alla mattanza, è stato ucciso. Testimone scomodo di una guerra che sembra non avere fine.

Via Pietrabianca si trova nella periferia di Acerra, un paesone di quasi 60 mila abitanti, 14 chilometri a nord est di Napoli. È la terza città della Campania per estensione territoriale dopo il capoluogo e Giugliano in Campania Qui, in questo stradone periferico dell’entroterra napoletano, si trovava la casa di Vincenzo Crimaldi, 46 anni, un ex operaio in pensione, incensurato, che coltivava un piccolo appezzamento di terra vicino casa. Un’abitazione modesta - tre stanze e un bagno - al piano ammezzato di un cortile su cui si affacciavano diverse case. È qui che si consuma quella che è passata alla storia come la Strage di Acerra. Cinque morti ammazzati in un’esecuzione di una violenza inaudita, portata a termine a colpi di pistole e mitraglietta. Pasquale Auriemma fu ucciso per ultimo, dopo aver assistito coi suoi occhi a quel un minuto di violenza bestiale.

All’epoca Pasqualino aveva 15 anni. Frequentava la terza media della scuola Ferraiolo, a poca distanza dalla casa in cui viveva con la sua famiglia, anch’essa umile e modesta. Suo padre Vincenzo era un impiegato della Nettezza Urbana. Sua madre, Nunzia Lucarelli, incinta di due mesi, lavorava invece in una piccola azienda che produceva calzini. E poi c’era sua sorella maggiore, Marianna. Casa Auriemma distava poche decine di metri da via Pietrabianca. Era un quartiere povero, dove, per un adolescente, non era facile crescere. Pasqualino però era un ragazzo perbene, gentile. Lo raccontano anche i tratti del suo viso, nelle poche foto che circolano: due grandi occhi scuri e i lineamenti di un bambino. Silvio era uno dei suoi amici. Più grande di lui di 6 anni, erano cresciuti insieme in quel quartiere di periferia. Avevano molti sogni e tante passioni in comune. Una di queste era il calcio, di cui spesso discutevano tra loro o con gli altri ragazzi della zona.

Il 1° maggio del 1992

La sera del 1° maggio 1992 Pasqualino e Silvio forse stavano facendo proprio questo. Pasquale aveva raggiunto la casa dell’amico per trascorrere con lui un po’ di tempo. Era ora di cena e in cucina Livia, un’altra figlia di Vincenzo Crimaldi, stava preparando il pollo alla cacciatora. Attorno al tavolo c’erano lo stesso Vincenzo e sua moglie Emma Basile. Silvio e Pasquale invece erano poco più là, a discutere tra loro. Quello che accade pochi minuti dopo le 20.50 di quel maledetto venerdì sera fu di una violenza difficile anche da raccontare. Un’azione fulminea, condotta con precisione chirurgica, da due killer a volto scoperto. Sessanta secondi di inferno, che non lasciarono a nessuno il tempo di accorgersi di quanto stesse accadendo. Alla fine, sul pavimento rimasero 38 bossoli di quattro armi diverse - due calibro 9, una 44 magnum e una mitraglietta - e cinque corpi. La prima a cadere sotto i colpi dei sicari fu Emma Basile, 46 anni anch’ella. Poi toccò a Vincenzo e poi, in una successione rapidissima, a Livia, 24 anni e incinta al quinto mese, Silvio e, infine, a Pasquale. Tre i feriti: Domenico, un altro figlio di Vincenzo Crimaldi, Cuono Albachiara, marito di Livia (entrambi erano nella stanza accanto) e Gaetana Scarpati, una ragazza di 15 anni che abitava nella casa accanto, ferita dai killer in fuga.

Vicenda giudiziaria

Le Forze dell’Ordine arrivarono in via Pietrabianca un paio d’ore dopo. Nessuno le aveva allertate nell’immediatezza dei fatti. A chiamarle furono i sanitari ai quali si rivolsero, per essere medicati, i feriti. Non ci volle molto per chiarire i contorni di una vicenda apparentemente difficile da inquadrare ma che invece aveva un antefatto in grado di spiegarla. La mattina di quel 1° maggio, infatti, a San Felice a Cancello, era stato assassinato Antonio Di Paolo, il fratello quarantaquattrenne di Mario Di Paolo, boss della camorra in lotta con Cuono Crimaldi, capo del clan “Cuniello e Capasso”. Cuono era il fratello di Vincenzo. Dunque, la strage era stata la risposta di Mario Di Paolo all’omicidio del fratello Antonio. Una vendetta trasversale che aveva colpito cinque persone che con l’agguato di poche ore prima non avevano nulla a che vedere. Ventiquattro ore dopo la strage, gli inquirenti fermarono Clemente Carfora, considerato uno degli esecutori del raid e cognato del boss Mario Di Paolo, accusato di essere l’ideatore e il mandante della strage, che si diede alla macchia. Fu individuato anche l’altro responsabile dell’azione criminale, Luigi Villanova, poi a sua volta ucciso.

Per volere delle famiglie, i funerali delle cinque vittime si svolsero separatamente. Quello di Pasqualino fu ospitato nella Chiesa di San Giuseppe, officiato dal vescovo anticamorra di Acerra, don Antonio Riboldi. La cerimonia si svolse in un clima pesante e teso. Il prelato usò parole fortissime, per condannare la violenza della camorra, ma anche per denunciare le mancanze dello Stato e l’assenza rumorosa delle Autorità locali. Attorno al feretro di questo adolescente innocente, vittima della violenza cieca e della cultura di morte della camorra, la famiglia distrutta dal dolore e i compagni della terza M, sconvolti da una morte assurda e priva di senso.

Alle nove mia moglie mi aveva chiesto di andare a mangiare una pizza fuori, ma io ero stanco, altrimenti avrebbero ucciso pure noi, perché di certo saremmo passati dai Crimaldi per sapere se c’era Pasqualino. Mio figlio andava spesso a trovarli. Poi, prima delle dieci, mi sono preoccupato perché non era ancora rientrato a casa. Sono uscito a cercarlo, ho visto le ambulanze, pensavo a un incidente.
Vincenzo - padre di Pasquale

Memoria viva

La storia di Pasqualino è raccontata nel dossier "La strage degli innocenti”, redatto dalla Fondazione Pol.I.S. della Regione Campania e presentato il 21 luglio 2015, in occasione del ventiquattresimo anniversario dell'omicidio di Fabio De Pandi. Il dossier, raccoglie i nomi e le storie di tutti i bambini e gli adolescenti uccisi dalla criminalità in Campania.