25 luglio 1980
Villa Literno (CE)

Tammaro Cirillo

Operaio, comunista e sindacalista, Tammaro Cirillo si batteva per i diritti dei lavoratori e per difendere la sua terra.

Nato nel 1942, Tammaro Cirillo era un operaio impiegato presso il cantiere “Sled” di Villa Literno (CE), azienda che si occupava del disinquinamento del golfo di Napoli.

Militava nel PCI, quando conobbe il sindacato della FILLEA (Federazione Italiana dei Lavoratori del Legno, dell’Edilizia, delle industrie Affini ed estrattive), di cui diventò un attivo delegato.

Tramite il sindacato cominciò da subito a battersi per i diritti dei lavoratori. Chiedeva che potessero lavorare in condizioni di sicurezza, che venissero regolarizzati, che avessero un luogo adatto in cui mangiare, lontano dalla polvere e dai calcinacci delle costruzioni, che potessero ricevere un pagamento per le ore di straordinari.

La figlia Laura ricorda il padre in un’intervista. Lo descrive come un uomo curato, dedito al suo lavoro, che amava coinvolgere la famiglia nelle cose che faceva al cantiere. Lo definisce una “capa tosta” quando le viene chiesto se sapeva che poteva mettere in pericolo la sua stessa famiglia.

Non gli piacevano le altrui angherie. D’altronde era fiero della sua fede politica, era comunista e lo entusiasmava la milizia sindacale, ma non avrebbe mai rischiato di perdere la sua famiglia.
Laura Cirillo, figlia di Tammaro, “Tammaro uno di noi!”, di Giovanni Sannino, in “Sindacato Nuovo”, n.1/2019

La lotta di Tammaro era iniziata proprio in contrapposizione alle mire di potere della camorra, che già nel 1978, nello stesso cantiere “Sled”, si era fatta sentire a colpi di dinamite. Quattro esplosioni erano bastate per fare danni da centinaia di milioni di lire. Nel cantiere erano impiegati circa quattrocento operai, attirando una grossa fetta dei finanziamenti delle opere per il disinquinamento del golfo di Napoli. La mafia qui puntava in alto: voleva mettere le mani direttamente su quei miliardi. Veniva quindi richiesto che lavori per migliaia di milioni venissero subappaltati a ditte “amiche”.

Queste mire di potere però non furono accettate dai lavoratori, che capirono subito quale fosse il rischio: finire in mano ai mafiosi, in condizioni di lavoro precarie, sfruttati e pagati in nero. Ci fu quindi una reazione da parte dei dipendenti che bloccò il disegno messo in atto dalla camorra.

Da qui, due anni di silenzio, in cui si è però continuato a pensare che i camorristi non avessero cambiato bersaglio, continuando a controllare il cantiere e mantenendo la situazione tranquilla per non essere scoperti.

È qui che entra in gioco Tammaro Cirillo, che sceglie di non stare al gioco. La sua opposizione alla camorra è forte e convinta. Lo si capisce chiaramente a un’assemblea, poco prima delle elezioni, dove redarguisce un delegato, secondo lui reticente. Gli chiede di parlare, perché “queste cose di devono dire”. Chi ha ricevuto minacce, chi una bomba in casa, chi si è trovato la porta di casa incendiata, deve parlare, dice, deve denunciare.

Con l’elezione dei delegati sindacali del 3 luglio 1980, i rapporti di forza cambiano. Tammaro Cirillo, comunista tesserato, iscritto alla CGIL, sindacalista attivo e impegnato, viene festeggiato per la sua elezione.

4 luglio 1980

Il giorno dopo essere stato eletto delegato sindacale del cantiere edile di Villa Literno, Tammaro Cirillo si intrattiene con alcuni amici e compagni per parlare proprio dei cambiamenti da apportare al cantiere. Torna a casa alle 21.30. Con lui c’è solo Maria, la figlia quindicenne, che guarda la TV. È in quel momento che un uomo incappucciato entra in casa e gli spara un colpo alla gamba, con un fucile da caccia. Morirà il 25 luglio, dopo l’amputazione della gamba e 21 giorni di agonia. Giorni in cui Villa Literno si mobilita con una manifestazione di massa. Giorni in cui si fanno ipotesi di ogni genere, per capire chi sia stato e perché.

Per quanto le Forze dell’Ordine continuino a ripetere che non si sa chi possa essere il colpevole, per tutti è chiaro che, in una zona difficile come quella, l’unica a nord della Calabria in cui vengono applicate le norme della legge antimafia, il mandante può essere solo uno: la camorra. Un giovane Antonio Polito, sulle pagine dellUnità, scrive che “se a sparare è stata la mafia, lo scontro politico in quella zona farebbe un salto di qualità evidente ed estremamente pericoloso”.

Da oggi niente più cottimismo!
Tammaro Cirillo

Questo urla Tammaro nell’assemblea sindacale del 3 luglio 1980. La risposta della camorra è stata una diretta conseguenza di un’affermazione che avrebbe sicuramente creato problemi al giro di affari del clan dei casalesi. È chiaro quindi che le motivazioni e i colpevoli del brutale attacco vadano ricercati proprio nel cantiere di Villa Literno. Non c’è un nome, non c’è un movente, ma la dura situazione in cui verte quella zona del Mezzogiorno parla da sé, tra povertà, delinquenza e paura, in netto contrasto con la grande ricchezza concentrata in quelle terre.

Questi sono i luoghi in cui i Coppola hanno edificato il loro Villaggio, in gran parte irregolarmente. Terre in cui i contadini riescono a produrre abbastanza per sé e per chi gli chiede il pizzo. Qui c’è il cantiere Sled, in cui negli anni Ottanta si sarebbero dovute costruire una cinquantina di vasche di depurazione, ma che dopo tre anni aveva eretto una sola vasca, facendo capire che ci sarebbero voluti decenni per attuare i lavori necessari. È qui che nasce la camorra del clan dei casalesi, anche se nessuno ne vuole parlare. Gli stessi compagni di Tammaro Cirillo non parlano, non rispondono alle domande che indagano su una matrice mafiosa dell’attacco.

L’omicidio di Tammaro Cirillo è solo la punta dell’iceberg di una camorra violentissima, che ha compiuto, tra gli anni Ottanta e Novanta, centinaia di omicidi, tra donne, bambini, lavoratori di quelle terre e sindacalisti come Tammaro.

Vicenda giudiziaria

Due mesi dopo la morte, sono stati arrestati quattro uomini per l’omicidio del sindacalista casertano: Andrea Guadagno, 52 anni, Vincenzo Fabozzi di 43 anni, Michele Cecora, poco più che trentenne e Giuseppe Tavoletta di 60 anni. Tutti dipendenti dello stesso cantiere edile, la “Sled” di Villa Literno.

A condurre l’inchiesta è il sostituto procuratore di Santa Maria Capua Vetere, il dr. Mario Gazzilli, che ha emesso i mandati di cattura per favoreggiamento e falsa testimonianza.

Questo fu il primo provvedimento attuato contro l’attacco che quasi due mesi prima aveva portato alla morte di Tammaro Cirillo. Provvedimento attuato perché, secondo il dr. Gazzilli, vi erano incongruenze e contraddizioni nelle testimonianze dei quattro operai. Il sostituto procuratore stava infatti, nello stesso periodo, indagando anche sugli attentati dinamitardi effettuati allo stesso cantiere e che pensava avessero una matrice camorrista. Era quindi ormai ovvio, in quel 1980, che il colpevole della morte di Tammaro era da ricercarsi nella camorra, e in particolare nel clan dei Casalesi.

Attentati sulla cui evidente caratteristica mafiosa sembrano, peraltro, esserci pochi dubbi. Non è un mistero che ai cantieri Sled (una società che vede la partecipazione dì grosse aziende edili pubbliche e private) sia stata affidata una cospicua fetta dei lavori per gli impianti di disinquinamento del golfo di Napoli. Un'impresa, insomma, di svariati miliardi. Non meraviglia, cioè, che attorno a questa torta si siano appuntati gli interessi dei gruppi della malavita orzanizzata della zona dei Mazzoni.
“Quattro arresti per il caso del sindacalista assassinato”, l’Unità, 26 agosto 1980

Le indagini però non hanno portato a nulla, e ad oggi, non si è ancora trovato un colpevole.

Dopo più di quarant’anni, i familiari di Tammaro non solo non sanno la verità, ma non hanno avuto neanche il diritto di vedere riconosciuta la figura del padre come vittima innocente di mafia. Nel 2018 avevano fatto richiesta al Ministero dell’Interno affinché Tammaro Cirillo venisse riconosciuto come vittima innocente di camorra. Come avvenuto per molte altre vittime, però, la richiesta è stata rigettata, in quanto il diritto, passati più di trent’anni, era ormai prescritto. Nello stesso frangente, le figlie di Tammaro avevano inoltre chiesto che le indagini su ciò che era accaduto quel 4 luglio 1980 venissero riaperte, domandando che venissero interrogati i collaboratori di giustizia a Villa Literno, sperando, finalmente, di scoprire la verità sulla morte del padre. La richiesta, ancora una volta, è stata rigettata. In merito, il giudice del Tribunale di Roma, ha però dichiarato che “sostenere che le ricorrenti siano decadute dall’esercizio del diritto prima che fosse emersa la prova dell’esistenza del presupposto di insorgenza del diritto e dunque prima che lo stesso potesse essere non solo esercitato ma anche conosciuto dal titolare, è un nonsenso giuridico, e comunque non può attribuirsi all’inazione delle ricorrenti alcun significato di abbandono o negligenza”, ritenendo quindi nullo il motivo della prescrizione sul caso di Cirillo.

Memoria viva

A giugno 2019, la Fillea CGIL ha deciso di intitolare la nuova sala della sede nazionale di via Morgagni a Tammaro Cirillo. Pochi mesi prima, nell’ottobre del 2018 gli è stato dedicato un Premio annuale: una borsa di studio per i figli dei sindacalisti impegnati in azioni concrete di legalità.

Bisogna andare oltre il ricordo. Non possiamo far morire Tammaro per la seconda volta. 
Vincenzo Maio, segretario provinciale della Fillea CGIL Caserta