Luigi Luciani nasce a San Marco in Lamis, paese della provincia di Foggia, il 31 maggio del 1970.
È il secondo di quattro fratelli; la sua è una famiglia semplice, dai profondi valori e principi, incentrati sulla dignità, sul lavoro e sul rispetto reciproco.
Conseguito il diploma decide di partire per Milano per studiare alla facoltà di Ingegneria. Lì viene poi chiamato per effettuare il servizio militare e, una volta terminato, decide che non vuole più restare a Milano. È troppo legato alla sua terra e sente di voler tornare e lavorare nell’azienda agricola di famiglia, gestita dal suo papà e da suo fratello Aurelio. Coltivare la terra per lui non è un ripiego, ma una scelta fatta con amore e determinazione.
Luigi è un uomo perbene, serio, onesto, calmo, riflessivo e la sua passione più grande è proprio la terra, che adesso è diventata anche il suo lavoro. Nell’azienda di famiglia hanno coltivazioni di pomodori, grano, barbabietole, asparagi che vendono a cooperative locali o ai mercati del Nord e sia lui sia suo fratello Aurelio ci tengono a che tutto sia fatto a regola d’arte. Sono attenti ai prodotti che usano, a lavorare e curare la terra rispettandola.
La sua vita è scandita da sveglie all’alba e giornate intere nei campi, con la neve, la pioggia e persino con le temperature torride di agosto. Ma questo a Luigi non pesa; lo fa con passione e non si lamenta mai. Questo amore profondo per la terra lui e Aurelio l’hanno ereditata da papà Antonio, che è per loro un esempio di vita e di dedizione alla famiglia e alla terra.
Il 31 dicembre del 2007, nel parcheggio di un ristorante a San Giovanni Rotondo dove ha trascorso la serata, conosce Arcangela. Ma lei vive e lavora come insegnante a Bolzano, è in Puglia per trascorrere le vacanze con la sua famiglia. Così i due non hanno il tempo di approfondire la loro conoscenza perché Arcangela rientra a Bolzano. Ma Luigi è rimasto profondamente colpito da lei e nel marzo del 2009 lui inizia a telefonarle, le loro lunghe chiacchierate al telefono fanno sì che si conoscano meglio, il loro rapporto, anche se a distanza cresce, e in estate, quando lei torna a San Marco per le vacanze, iniziano a frequentarsi.
Luigi è spontaneo, schietto, dolce, infonde in Arcangela un senso di tranquillità. Non è prevenuto, prova ad andare sempre oltre l’apparenza. Ama conoscere le persone, non giudicarle a priori, non etichettarle e non criticare mai nessuno. Il suo interesse per Arcangela è puro, vero, intenso e tra i due nasce così un sentimento d’amore profondo. I due si sposano il 26 settembre del 2011.
Ho incontrato davvero un uomo speciale, che mi faceva sentire amata e unica. Ero stata davvero fortunata. Mi voleva un bene infinito, era il mio punto di riferimento. Il giorno del suo compleanno, il primo da sposati, ero euforica. Lo chiamavo ogni mezz’ora per fare gli auguri e chiedergli chi altro si fosse ricordato. Lo contattarono alla sera, anche Aurelio e suo padre. Gli chiesi come mai, poiché erano stati insieme dal mattino fino a poco prima. Mi disse: “Devi sapere come funziona: durante il giorno si lavora, la sera ci incontriamo o ci telefoniamo per raccontarci tutto il resto”. Il senso del dovere era nel loro DNA.
Per Luigi conta la sua famiglia e la terra, quella terra che richiede sacrifici ma che, se curata e lavorata, sa dare splendidi frutti.
Arcangela, per amore di Luigi, ha lasciato la cattedra a Bolzano e si è trasferita a San Marco in Lamis e, dopo 5 anni, nasce Antonio; i due neo genitori sono al settimo cielo.
Quando è nato Antonio lui mi ha detto: “Grazie di avermi reso padre!”. Era un papà dolcissimo, attento. Lo guardava e quasi non riusciva a crederci. Era felicissimo, appena tornava a casa lo voleva subito prendere in braccio e coccolarlo per tutto il tempo.
Arcangela, dopo la nascita di Antonio, ha ripreso a lavorare in alcuni paesi della provincia di Foggia per qualche supplenza, Luigi si divide instancabilmente tra il lavoro e la famiglia. La loro vita scorre serenamente, con i ritmi scanditi dalle stagioni e dagli orari di lavoro dettati dalle coltivazioni e dalle condizioni climatiche. Sono felici, non hanno bisogno di altro.
Il 9 agosto del 2017
Luigi e Aurelio sono usciti presto, come ogni mattina. Hanno lasciato le loro mogli che ancora dormono, con un bacio fugace, un gesto quotidiano, sapendo che tanto in serata trascorreranno del tempo assieme. Non sanno invece che quella routine sarà interrotta, con violenza e ferocia. Non possono immaginare che il tempo per quel bacio non ci sarà più e che quella promessa di passare la domenica al mare non sarà mai mantenuta.
Fa caldo quella mattina, quel caldo torrido dell’agosto foggiano in cui si fa fatica a respirare. Eppure Luigi, come suo fratello Aurelio, è sorridente. Sono speranzosi per il raccolto che dopo mesi di duro lavoro e di tanti sacrifici si accingono a raccogliere.
Sono a bordo della loro auto, un Fiorino Pick up, stanno percorrendo la strada tra San Marco in Lamis e Apricena, nei pressi della vecchia stazione ferroviaria, poco distanti dai loro terreni. In quel tragitto parlano del lavoro da svolgere, dei progetti per settembre, quando il rumore sordo degli spari interrompe bruscamente il loro dialogo.
A pochi metri da loro c’è un’altra auto, una Wolkswagen, con a bordo Mario Luciano Romito, pluripregiudicato, boss della famiglia omonima, protagonista di una lunga faida che da anni insanguina il Gargano, in lotta feroce contro la famiglia dei Li Bergolis. Mario Romito è già scampato in precedenza a due agguati, uno nel 2009 e l’altro nel 2010. Assieme a lui c’è suo cognato, Matteo De Palma. Sono loro i veri destinatari dell’agguato mafioso. All’improvviso, infatti, la loro vettura viene affiancata da un altro veicolo con a bordo i killer. Il commando apre il fuoco e scarica sulla vettura un numero imprecisato di colpi, non lasciando scampo alle persone nell'abitacolo.
Ma i killer del boss Mario Luciano Romito non vogliono lasciare tracce. Nessuno deve poter testimoniare l’accaduto. Così si affacciano dai finestrini della Ford “C-Max” in corsa, all’altezza della vecchia stazione ferroviaria di San Marco in Lamis, e fanno fuoco mentre Luigi e Aurelio cercano di fuggire, si sono resi conto di ciò che sta accadendo. Luigi morirà nell’abitacolo del FIAT “Fiorino” bianco; Aurelio proverà disperatamente a mettersi in salvo, correndo nei campi, ma verrà inseguito e giustiziato senza pietà.
Si interrompe così, in una mattina qualunque di agosto, la vita di due uomini umili, lavoratori onesti, due mariti e padri di famiglia. Due innocenti.
I fratelli Aurelio e Luigi Luciani, contadini incensurati, completamente estranei ai fatti, al momento dell’agguato attraversavano con il loro furgone il tratto stradale interessato dall’azione del gruppo di fuoco.
Vicenda giudiziaria
Le indagini sono condotte dalla DDA di Bari insieme al Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Foggia. Mesi di indagini serrate e accurate che si concludono il 16 ottobre 2018 con l’arresto, in esecuzione di ordine di custodia cautelare, di Giovanni Caterino. Secondo gli inquirenti Caterino è il basista della strage, su mandato del clan Li Bergolis.
Le indagini accertano che la strage è da inquadrarsi nella sanguinosa guerra che ha contrapposto il gruppo dei Montanari a quello dei Romito. Confermano che l’obiettivo del commando omicida è l’eliminazione di Mario Luciano Romito per ridefinire gli assetti di potere della criminalità mafiosa dell’area garganica. Le indagini confermano l’appartenenza di Caterino come organico al clan Li Bergolis e che non ha agito da solo ma con l’aggravante della premeditazione del metodo mafioso.
Il 30 novembre 2020, Giovanni Caterino è stato condannato, in primo grado, all’ergastolo.
La famiglia dei fratelli Luciani si è costituita parte civile nel processo, al loro fianco come costituzione di parte civile anche l’associazione Libera.
Memoria viva
La strage di quel 9 agosto 2017 ha scosso l’opinione pubblica e fatto sì che le Istituzioni si accorgessero della situazione nel Gargano. Il lavoro incessante della “Squadra Stato”, dal 2017 a oggi, sta mettendo in difficoltà i clan che tengono in ostaggio la terza provincia più grande d’Italia.
La consapevolezza deve essere unita alla voglia di cambiare, essere in prima linea. Facciamoci sentire insieme, anche per far capire ai mafiosi che questa è terra di gente perbene. Serve la presenza di tutti, far vedere che noi siamo in tanti, loro invece sono in minoranza.
Alla memoria di Luigi e Aurelio è stato intitolato il Presidio di Libera di San Marco in Lamis. Arcangela e Marianna, mogli di Luigi e Aurelio, si sono da subito impegnate per tenere viva la loro memoria e per scuotere le coscienze.
Nel 2020 la trasmissione Rai “Cose nostre” ha mandato in onda la puntata “A mani nude” che racconta la storia di Luigi e Aurelio.