Palermo (PA) // 23 settembre 1983 // 24 anni
Il 23 settembre 1983 Lia Pipitone, una giovane madre ventiquattrenne, si trova all'interno di una sanitaria all'Arenella, quartiere popolare di Palermo. All'improvviso due uomini nel tentativo di rapinare la cassa, le sparano. Esplodono cinque colpi di pistola. Lia Pipitone, 24 anni, colpita prima alle gambe e poi al torace, non ha scampo. Suo figlio Alessio, che di anni ne ha quattro, resta orfano. Ma non si tratta di una rapina finita male, quegli uomini l'avevano seguita, il loro obiettivo non era la cassa del negozio, ma la giovane madre. Lia è figlia di Antonino Pipitone, boss che conta nella mafia che conta. Quella che si è alleata con i corleonesi di Totò Riina e ha fatto e farà strage dei nemici. Alcuni collaboratori racconteranno che l'ordine di uccidere Lia venne proprio dal padre, alleato di Riina e Provenzano, che non poteva permettere di essere disonorato da una figlia ribelle. Una figlia che aveva deciso di spezzare i suoi legami con la sua famiglia mafiosa, di cui portava il cognome, ma non era una di loro. Uccisa per il suo desiderio di indipendenza e di libertà. Perché aveva deciso di vivere la sua vita e di riempirla d'amore per lei e il figlio.